Qualche sera fa stavo distrattamente seguendo il TG3 Regione e chiaramente, vivendo a Modena, seguivo l'edizione del Veneto, perché l'edizione dell'Emilia Romagna non c'è verso di riceverla.
D'altra parte i friulani saranno senz'altro informatissimi su quanto avviene lungo la via Emilia, mi sembra logico.
Ad un certo punto compare un servizio sui cosiddetti ristoranti a chilometri zero, che sarebbero poi quei locali dove si servono (o si dovrebbero servire...) solo piatti preparati con prodotti locali e intervistano non ricordo chi, che ovviamente canta le lodi di questa geniale iniziativa, che era la norma per le trattorie e osterie fino a qualche decennio fa.
Che poi, tanto per non essere pignoli, i famosi agriturismo non dovrebbero essere pure loro a chilometri zero?
Anzi, la distanza dal pollaio o la stalla dovrebbe misurasi in metri, al massimo, altro che chilometri.
Mah!
Ma la cosa esilarante è questa:
mentre inquadrano il tizio intervistato davanti al bancone del ristorante, dietro le spalle s'intravedono due file di prodotti disposti in bella mostra: pasta De Cecco (provincia di Chieti) e pomodori pelati in scatola Casar (provincia di Cagliari).
Insomma, devo avevo capito male, i chilometri zero forse sono la distanza che ci separa dal ridicolo...
PS: vignetta omaggio dell'impareggiabile Superciuk.
2 commenti:
sei un grande
Mesi dopo, facendo mente locale sul facciotto che decantava le meraviglie dei ristoranti a chilometri zero, capii che si trattava dell'ineffabile Zaia, che al tempo non era ancora stato miracolato.
Lo riconobbi dal riporto e dalla chiacchiera a ruota libera.
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