giovedì, giugno 22, 2006

Caffè sconcerto

Non so lì da voi, ma qui a Modena abbiamo il Caffè Concerto.
È un bar/ristorante/enoteca aperto sempre, anche quando gli altri sono chiusi, perché sta su Piazza Grande, la piazza del duomo e quindi ha il compito istituzionale di spennare cittadini e turisti, ferragosto e natale compreso, in una città dove i turisti arrivano o perché hanno sbagliato strada oppure perché sono informatissimi, talmente informati da sapere che a Modena ci sono le tombe degli ultimi eredi del sacro romano impero oppure una ricchissima raccolta di lapidi di età romana, nonché la rispettabilissima Galleria Estense.

Intendiamoci, non è che Modena sia brutta, anzi, è bellina, solo che difficilmente finisce negli itinerari turistici tradizionali, quelli che portano le frotte di gringos sulla rotta Venezia - Firenze - Roma - Napoli, a meno che non si buchi una gomma all'autobus tra il casello di modena nord e modena sud.
Chissà perché invece a Maranello arrivano dritti dritti dozzine di pullman pieni di tedeschi per visitare la Galleria Ferrari e relativo negozio di memorabilia.
Quando si dice la potenza del Cavallino!

Insomma, è difficile che organizzino gite a Modena, specialmente quelle per vendere i set di pentole, al massimo provano a piazzare un servizio da tè senza nemmeno insistere troppo.

Questa doverosa premessa per dire che ogni tanto, al sabato o alla domenica, vado a prendermi un caffè al Caffè Concerto, nelle ampie sale che una volta ospitavano la borsa merci, dove i famosi mediatori vendevano e compravano le vacche che fecero la fortuna del Cremunein.

Però la cosa che mi colpisce maggiormente di questo locale è il listino prezzi, crapriccioso qual giorno di marzo, come direbbe il fido Branca.

Se ci vai al sabato l'espresso costa 0,85, invece alla domenica, 1 euro per il macchiato e 0,85 per il normale a meno che non ci sia alla cassa quello bassetto che ti fa pagare 1 euro tutto e tanti saluti.

Insomma, ma perchè non l'avete chiamato allora Caffè Sconcerto?



PS: Caffè Sconcerto era, anzi è tuttora, un duo di cabarettisti veneziani fantastici, li vidi più di 10 anni fa a queste latitudini e sono felice per loro che continuino ancora oggi a calcare i palcoscenici d'Italia.
Facemmo due chiacchiere e gli offersi, no gli offretti, gli offr...gli offrii una birra e parlammo del più e del meno.
Forse più del meno che del più.
Dubito che si ricordino.

domenica, giugno 11, 2006

Un mercoledì da pedoni

Non so voi, ma io l'altro giorno sono andato in ufficio in autobus.

Non uso spesso i mezzi pubblici perché mi muovo prevalentemente in bicicletta in questa sterminata città, anche perché, sfiga vuole, per andare dove devo andare (thanks totò), mi servono almeno due fottuti autobus.

Senonché martedì sera Giove pluvio mise finalmente in atto la sua passeggera minaccia, costringendomi ad abbandonare il bolide sotto una malferma tettoia. Ma soprattutto mi costrinse il giorno successivo a prendere i famigerati 2 autobus per recarmi sul luogo di espiazione quotidiana.

Il primo bus lo manco di un niente.
Ne approfitto per andare a comprare un paio di biglietti dell'ATCM.
Mi rassegno allora ad aspettarlo nella pensilina in plexiglas.
Non sono un elettrotecnico, nemmeno un fisico delle alte temperature, men che meno ho la laurea in ingegneria nucleare, lo confesso, però posso dimostrare scientificamente che le pensiline in plexiglas ingabbiano l'energia solare trasformandola magicamente in sudore e puzza d'ascelle.
E la chiamano pure energia pulita!

Detto ciò, finalmente dopo circa 10 minuti d'attesa, arriva il fatidico cinque.
Forse per l'effetto serra, forse per ignoranza atavica, il cervello nonostante ripetuti tentativi non riesce a dare una risposta alla domanda: e adesso dove devo scendere per prendere la coincidenza con l'undici?
E intanto l'autobus avanza implacabile nella giungla d'asfalto, nonostante la interminabile fila di semafori monotonamente rossi, forse in omaggio alla tradizione emiliano-comunista della città.
Alla buon'ora il cervello si riprende, stazione delle corriere! è il grido che riecheggia tra le vuote pareti della scatola cranica, proprio quando è ora di scendere.

Con un balzo che ricorda quello del mitico signor Hilltop, scendo dal mezzo e m'infilo in un altro forno a microonde, per consultare gli orari.
Riuscirò a trovare la tabellina dell'undici prima che la materia grigia si trasformi in plasma?
Confesso di aver titubato a lungo di fronte alla scelta tra l'autobus e il nobel per la fisica.

Finalmente trovo la benedetta tabellina dell'undici, "fantastico!" penso tra me e me, "passerà tra due minuti...".

Povero fesso.

Ammetto di non essere mai stato un fenomeno in matematica, però se la tabellina dice 14.53, uno che scende alla fermata alle 14.50, s'aspetta di veder passare il mezzo tra 3, forse 4, facciamo 5 minuti al massimo.
O no?
No.
Perché in realtà non abbiamo considerato il fattore I.
Insomma, alle 15:13 arriva il fottutissimo undici.
Gli altri numeri erano passati già tutti due volte.

Quando accadono queste cose, uno si chiede sempre se la legge di Murphy si applichi anche agli autobus: "qualunque autobus tu debba prendere ci sono ottime possibilità che il tuo sia l'ultimo ad arrivare con un ritardo direttamente proporzionale alla tua fretta".

Salgo in vettura, come si diceva una volta, ritimbro il titolo di viaggio e mi appollaio su uno di quei sedili rialzati, dove osano le aquile, perché le vecchine ultrasettantenni non c'arrivano o temono di spezzarsi un femore, compresa la nonna di Rheinold Messner.

Subito appaiono chiare due cose: il conducente è un tifoso di Schumi. Ed è napoletano.
Evvai.
Vigliacco se riesce a fermarsi prima di 10 metri dal segnale di fermata.
I metri diventano 15 quando dopo un lungo patteggiamento alla stazione dei treni carica una simpatica cubana, a dire il vero assai più simpatica che vestita.

"Non parlate al conducente" recita stancamente un avviso.
Dovrebbero correggerlo e metterlo sul cruscotto:
"Non fate i cretinetti con le cubane".

Ad un certo punto un grido squarcia l'abitacolo. "Si fermi!" inveisce una poveretta. Poveretta nel senso che non era dotata quanto la cubana.
Sull'onda della scollatura, la fermata non l'ha proprio vista.
Scene di ilarità e commenti piccanti serpeggiano tra le fila dei passeggeri, in un crescendo di scommesse volgari e sguardi ammiccanti arriva (purtroppo!) il mio turno di scendere.

Mentre cammino in stato catatonico verso l'ufficio, il cervello s'arrovella senza sosta su un quesito destinato a rimanere insoluto per sempre:
sarà mai riuscita la bella cubana ad arrivare illibata a destinazione?
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...