Non so a voi, ma a me piace il vino.
Questa passione per la pregiata bevanda è scoppiata in età assai tarda, complice il fatto che nella mia zona chiamano vino il lambrusco e, non paghi, hanno inventato pure il tavernello.
Ora, io non ho niente contro il lambrusco e il tavernello, basta che non mi obblighiate a berli.
E poi devo ancora riprendermi, a vent'anni di distanza, da quella terrificante iniziativa pubblicitaria di Giacobazzi che vendeva ai gringos il lambruschino in lattina a suon di spot "Jacobassee is my wine!".
Non so che fine abbia fatto il buon Giacubaz, forse, una lattina dopo l'altra, sarà diventato un povero miliardario anche lui.
Conscio che questa motteggiare faceto attirerà gli strali di innumerevoli concittadini adirati, della Lega per la Vinicazione e Beatificazione del Grasparossa, della Pro Loco di Sorbara e di stuoli di rispettabili sommeliers formatisi alla scuola del Veronelli, i quali, tappo al naso, mi dimostreranno senza ombra di dubbio che il lambrusco non è una specie di gazzosa colorata di rosso bensì un vino rispettabile che coadiuva brillantemente i succhi gastrici durante la digestione delle pietanze tipiche del luogo a base di tigelle, lardo pestato e quantaltro, ecco, per farmi perdonare, ho pensato di fare un po' di promozione al vitigno autoctono e di andare a vedere a quanto si vende il lambrusco doc a Pasqua.
Ma forse non me lo perdoneranno lo stesso.
Augh, pazienza, ormai ho detto!
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